Oppenheimer e psicoanalisi della bomba atomica

Da poco è nelle sale il nuovo film di Christopher Nolan, Oppenheimer, biopic che mette in scena parte della vita dell’inventore della bomba atomica, Robert J. Oppenheimer, interpretato da Cillian Murphy.
Il film tra fedeltà storica e romanzo, rappresenta le vicende di Oppenheimer alla conduzione del progetto Manhattan. Nonostante si conosca i catastrofici eventi, la pellicola e lo stesso personaggio di Oppenheimer invitano e si prestano a una rinnoavata riflessione sull’impatto delle armi atomiche che suggerisco attraverso l’idea di crisi della guerra di Franco Fornari proposta nel suo saggio Psicoanalisi della guerra.
Crisi della guerra, elaborazione paranoica del lutto e prospettiva pantoclastica
In Oppenheimer viene messa in scena in modo evidente l’intuizione dell’omonimo creatore della bomba atomica riguardo la questione etica sulla costruzione dell’ordigno atomico e alle conseguenze che avrebbe causato un’arma di tale portata sull’intera umanità nel momento in cui assiste alla deflagrazione durante il primo test del Progetto Manhattan in New Mexico.

La tesi di Franco Fornari, noto psicoanalista che ha studiato approfonditamente il fenomeno della guerra, è che la scoperta della bomba atomica abbia messo in crisi il concetto di guerra come impossibilità di distruggere l’oggetto nemico senza coinvolgere quello amico.
Per Fornari di fatti la guerra è stata da sempre, fin dalle popolazioni tribali e primitive, un’istituzione con la funzione di elaborazione paranoica del lutto, cioè una forma di esorcismo collettivo che proietta immaginariamente, sul nemico, il proprio odio inconscio derivante dalla perdita di un proprio oggetto.
Con le armi atomiche questa funzione viene a mancare perché un possibile scontro atomico può estinguere l’umanità a causa del progresso tecnico che ha fatto sì che se uno Stato attacca con armi atomiche un altro Stato è possibile che questo seppur distrutto possa automaticamente innescare bombardamenti di risposta dando il via a un effetto domino catastrofico.
Per me la crisi della guerra è definibile come situazione in cui non è più possibile distruggere l’oggetto nemico senza coinvolgervi l’oggetto amico. Sulla spinta di una angoscia distruttiva quindi l’oggetto amico e l’oggetto nemico, in quanto accomunati da un identico destino di distruzione, tendono a fondersi l’uno nell’altro.
Fornari Franco, Psicoanalisi della guerra, p. 197
Inizia così a generarsi una prospettiva pantoclastica, cioè di fantasie di onnipotenza sadica e distruttiva, di fronte alla quale gli uomini si comportano come se tale pericolo non fosse reale. Un deterioramente dell’esame di realtà che nella pellicola viene meravigliosamente messo in scena nella celebrazione pubblica successivamente al successo dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.
Il primo risultato dell’èra atomica, e forse il più pericoloso, è il deterioramento nell’uomo dell’esame di realtà.
Fornari Franco, Psicoanalisi della guerra, p. 219
Oppenheimer così come il testo di Fornari invitano a riflettere sulla deriva catastrofica dell’essere umano concretizzata con la creazione di armi atomiche ed idrogeno e i bombardamenti sul Giappone. Fornari però attinge da Freud che la guerra è originariamente un fatto individuale e inconscio dell’uomo tanto da affermare che la bomba atomica è sempre esistita nell’inconscio degli individui umani sotto forma di concrete intenzionalità distruttive.
Vivere quindi nell’èra atomica si può tradurre come la possibilità di riassumersi l’intenzionalità distruttiva della bomba atomica, come originario desiderio di distruzione del proprio oggetto d’amore occultato in posizione paranoidea e a responsabilizzarsi rispetto alla guerra, ai conflitti collettivi, così come ci si può sentire responsabili di delitti interindividuali.

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Conclusione
Questa chiacchiera non vuole essere una recensione dell’ultimo colossal di Christopher Nolan né una sintesi del ricco saggio di Franco Fornari, quanto una suggestione rispetto alla questione atomica attraverso la visione, suggerita, di Oppenheimer e la lettura di alcuni concetti psicoanalitici estratti da Psicoanalisi della guerra
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